Spazio collettivo
Materiali per una rivoluzione culturale
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
don Lorenzo Milani
Siamo pubblica utilità
Chiediamo la dichiarazione della pubblica utilità sull’area ex Gkn da parte del nascente Consorzio industriale pubblico della piana fiorentina. Per dare in gestione l’area a chiunque la voglia veramente reindustrializzare.
Siamo pubblica utilità…
1. A salvaguardia del “saldo occupazionale del territorio”: 400 posti di lavoro sono stati bruciati da logiche speculative. 400 posti di lavoro devono essere ricreati.
2. A difesa del territorio: perché la fabbrica ha consumato il suolo e questo consumo non può essere ridotto a mero estrattivismo. Su quel suolo ormai “consumato” dall’immobile fabbrica, deve sorgere benessere sociale, lavoro, diritti.
3. Per la transizione climatica dal basso, reale: se reindustrializzazione deve essere, si riparta da prodotti ecologicamente avanzati.
4. Per uno degli esperimenti sociali più avanzati nel contesto dato: la fabbrica socialmente integrata, basata su forme di controllo operaio, sociale, dal basso.
5. A guardia di una alternativa: perché la ex Gkn mostra un esempio contagioso di uscita dalla crisi dell’automotive e fortemente alternativo alla follia della conversione bellica dell’industria.
6. A impulso della narrazione della nostra classe, della nostra memoria, di una prospettiva: il polo della cultura working class che riunisca archivi operai, progetti documentaristici, letteratura e storia operaia e delle lotte sociali.
7. Perché abbiamo un piano. L’unico.
8. Perché le fabbriche non possono vivere “consumando i territori”, i territori non devono lasciare che la speculazione “consumi” le proprie fabbriche.
9. Perché una produzione ecologicamente avanzata non può vivere se non cambiando il mondo attorno: che la fabbrica socialmente integrata sia impulso e interfaccia delle comunità energetiche e del cicloattivismo.
10. Perché fabbriche aperte e organizzate fanno comunità solidali e consapevoli. Fabbriche aperte, teatri, circoli, e case del popolo vive, territori sicuri.
Perché se si vince qua, si cambia i rapporti di forza a favore di tutte e tutti.
(Tratto dalla pagina Facebook del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze, 07/04/2025).
Da «JACOBIN Italia»
di Ken Loach
«La lotta per la coscienza di classe è ormai cruciale: è la nostra arma contro il fascismo», dice Ken Loach nella lettera che ha inviato al Festival di letteratura working class che comincia oggi alla Gkn di Campi bisenzio.
«Howard Zinn (1922-2010) è stato uno scrittore radicale americano newyorkese di inclinazioni socialiste libertarie e provenienza da una famiglia di immigrati ebrei europei (dall’Austria e dalla Siberia). Dagli anni Sessanta prese parte attivamente al movimento per i diritti civili, sia nel ruolo di docente di Storia sia in quello successivo di docente di Scienze politiche. Prese posizioni coraggiose e personalmente costose contro la discriminazione razziale e la guerra del Vietnam.
Il suo testo più famoso, Storia del popolo americano dal 1492 ad oggi, è uno straordinario affresco dell’intera storia degli Stati Uniti, fino ai primi anni di Bush junior, descritta sotto il profilo della storia popolare. Ovvero della storia delle lotte e mobilitazioni popolari e delle diverse forme di oppressione che sono state praticate nella storia del paese. È quindi, e soprattutto, una storia dei dispositivi di controllo sociale e di formazione e dominio delle élites e di formazione e sfruttamento di sempre nuove ineguaglianze e colonie interne. Anzi, di controllo proprio rendendo funzionali le ineguaglianze interne tramite il sistematico spostamento su altro della natura economica di queste».
L’8 aprile uscirà in libreria Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, una raccolta di trentadue poesie di autori palestinesi, in gran parte scritte a Gaza dopo il 7 ottobre 2023. Con la prefazione di Ilan Pappé e interventi di Susan Abulhawa e Chris Hedges. Per ogni copia venduta 5 euro a EMERGENCY.
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Il loro grido è la mia voce
Poesie da Gaza
Poesie da Gaza
Pagine: 156
Codice ISBN:
9791259677587
Prezzo cartaceo: € 12
Data pubblicazione: 08-04-2025
A cura di Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti
Prefazione di Ilan Pappé
Con interventi di Susan Abulhawa e Chris Hedges
Traduzione dall’arabo di Nabil Bey Salameh
Traduzione dall’inglese di Ginevra Bompiani ed Enrico Terrinoni
La poesia come atto di resistenza. La forza delle parole come tentativo di salvezza. È questo il senso più profondo delle trentadue poesie di autori palestinesi raccolte in questo volume, in gran parte scritte a Gaza dopo il 7 ottobre 2023, nella tragedia della guerra in Palestina, in condizioni di estrema precarietà: poco prima di essere uccisi dai bombardamenti, come ultima preghiera o testamento poetico (Abu Nada, Alareer), mentre si è costretti ad abbandonare la propria casa per fuggire (al-Ghazali), oppure da una tenda, in un campo profughi dove si muore di freddo e di bombe (Elqedra). Come evidenzia lo storico israeliano Ilan Pappé nella prefazione, «scrivere poesia durante un genocidio dimostra ancora una volta il ruolo cruciale che la poesia svolge nella resistenza e nella resilienza palestinesi. La consapevolezza con cui questi giovani poeti affrontano la possibilità di morire ogni ora eguaglia la loro umanità, che rimane intatta anche se circondati da una carneficina e da una distruzione di inimmaginabile portata». Queste poesie, osserva Pappé, «sono a volte dirette, altre volte metaforiche, estremamente concise o leggermente tortuose, ma è impossibile non cogliere il grido di protesta per la vita e la rassegnazione alla morte, inscritte in una cartografia disastrosa che Israele ha tracciato sul terreno». «Ma questa raccolta non è solo un lamento», nota il traduttore Nabil Bey Salameh. «È un invito a vedere, a sentire, a vivere. Le poesie qui tradotte portano con sé il suono delle strade di Gaza, il fruscio delle foglie che resistono al vento, il pianto dei bambini e il canto degli ulivi. Sono una testimonianza di vita, un atto di amore verso una terra che non smette di sognare la libertà. In un mondo che spesso preferisce voltare lo sguardo, queste poesie si ergono come fari, illuminando ciò che rimane nascosto». Perché la scrittura, come ricordava Edward Said, è «l’ultima resistenza che abbiamo contro le pratiche disumane e le ingiustizie che sfigurano la storia dell’umanità».
Il libro è anche un’iniziativa concreta di solidarietà verso la popolazione palestinese. Per ogni copia venduta Fazi Editore donerà 5 euro a EMERGENCY per le sue attività di assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza.
«Posso scrivere una poesia / con il sangue che sgorga».
Yousef Elqedra
«La libertà per cui moriamo / non l’abbiamo mai sentita».
Haidar al-Ghazali
«La poesia nella mia prigione / È nutrimento / È acqua e aria».
Dareen Tatour
«Se devo morire, / che porti speranza, / che sia una storia».
Refaat Alareer
«Leggete queste poesie non solo con gli occhi, ma con l’anima. Ascoltate la loro musica, il loro ritmo sottile. Che siano per voi un ponte verso la comprensione, un inno alla dignità, e un ricordo che la bellezza, anche nelle situazioni più difficili, può ancora fiorire».
dalla nota del traduttore Nabil Bey Salameh
«Forse questa raccolta contribuirà a erodere in qualche misura lo scudo di silenzio e disinteresse che garantisce immunità ai responsabili del genocidio a Gaza».
dalla prefazione di Ilan Pappé
«Non credete che nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU anziché i paesi che hanno la bomba atomica sarebbe più giusto mettere quelli che sono riusciti pur massacrati dai bombardamenti a scrivere queste poesie bellissime?».
Luciana Castellina
Curata da Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, questa raccolta propone una selezione di poesie di dieci autori palestinesi: Hend Joudah, Ni’ma Hassan, Yousef Elqedra, Ali Abukhattab, Dareen Tatour, Marwan Makhoul, Yahya Ashour, Heba Abu Nada (uccisa nell’ottobre 2023), Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer (ucciso nel dicembre 2023). Il volume è arricchito da una prefazione dello storico israeliano Ilan Pappé e da due interventi firmati dalla scrittrice Susan Abulhawa, autrice del romanzo bestseller Ogni mattina a Jenin, e dal giornalista premio Pulitzer Chris Hedges, ex corrispondente di «The New York Times» da Gaza.
Idee diverse sull’Europa
di Lucio Lombardo Radice
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Dopo le polemiche sul Manifesto di Ventotene, riprendiamo da «l’Unità» un articolo del 1952 di Lucio Lombardo Radice che dava conto di un confronto tra europeisti condotto sulla rivista fiorentina «Il Ponte», riportando in particolare le posizioni contrapposte di Piero Calamandrei e Altiero Spinelli. Emergevano due idee di Europa, l’una volta a mediare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’altra tutta interna al campo occidentale e rivolta contro il comunismo.
Lombardo Radice polemizzava con Spinelli accusandolo di voler promuovere la formazione di un esercito europeo diretto contro l’Unione Sovietica e i paesi del campo socialista; un progetto che prevedeva, tra l’altro, un forte riarmo della Germania e una riabilitazione dei generali che anni prima avevano combattuto per la Germania hitleriana.
Altiero Spinelli (1907-1986), comunista antistalinista che aveva rotto col partito di cui aveva fatto parte dal 1924, cercò per tutta la vita di realizzare il proprio sogno di una Federazione europea. La sua parabola politica lo portò infine a essere eletto deputato alla Camera e quindi al Parlamento europeo come indipendente nelle liste del PCI.
Jean Jaurès (1859-1914).
Dalla rivista «Internazionale»
di Giovanni De Mauro
Jean Jaurès è stato un uomo politico francese, nato nel 1859 e ucciso a Parigi il 31 luglio 1914. Leader socialista, fu ispiratore e teorico del pacifismo, ideale per il quale fu assassinato da un nazionalista alla vigilia della prima guerra mondiale. Nel 1903 fu invitato a tenere un discorso agli studenti nel liceo di Albi, nel sud della Francia, in cui aveva insegnato prima di diventare deputato, e tra l’altro disse:
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“L’umanità è maledetta se per dare prova di coraggio si condanna eternamente a uccidere. Il coraggio oggi non è far vagare sul mondo la terribile nube della guerra. Il coraggio non è lasciare alla forza la soluzione di conflitti che la ragione può risolvere.
“Per voi il coraggio deve essere quello di ogni ora: è saper sopportare le prove fisiche e morali che la vita impone di continuo. Il coraggio è scegliere un mestiere, farlo bene, non disgustarsi per dettagli monotoni e fastidiosi. In qualunque mestiere bisogna esser sia pratici sia filosofi.
“Il coraggio è capire qual è la propria vita, precisarla, approfondirla e al tempo stesso coordinarla con la vita in generale. Il coraggio è tenere d’occhio la propria macchina per filare o per tessere in modo che nessun filo si rompa, e tuttavia prepararsi a un ordine sociale più grande e fraterno in cui la macchina sarà al servizio dei lavoratori liberati.
“Il coraggio è accettare le nuove condizioni che la vita propone alla scienza e all’arte, accogliere ed esplorare la complessità quasi infinita dei fatti e dei dettagli, e al tempo stesso illuminare questa realtà enorme e confusa con delle idee generali, organizzarla e sollevarla con la bellezza sacra delle forme e dei ritmi.
“Il coraggio è dominare i propri errori, soffrirne ma non esserne sopraffatti e continuare il proprio cammino. È andare verso l’ideale comprendendo la realtà. È agire e dedicarsi alle grandi cause senza sapere quale ricompensa riserverà al nostro sforzo l’universo, né se una ricompensa ci sarà. Il coraggio è cercare la verità e dirla, non cedere alla menzogna, non associarsi alle urla dei fanatici”.
(Tratto da: Giovanni De Mauro, Coraggio, in «Internazionale», n. 1448, 17 febbraio 2022, pag. 5).
Dalla rivista «Sotto la bandiera del marxismo» – 1922
di Vladimir Il’ič Lenin
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Materialismo e ateismo sono alla base della nascita nel 1922 della rivista «Pod znamenem marksizma» («Sotto la bandiera del marxismo»). Sul secondo numero di tale rivista, il n. 3/1922, Vladimir Lenin pubblicò Materialismo e ateismo sono alla base della nascita nel 1922 della rivista «Pod znamenem marksizma» («Sotto la bandiera del marxismo»). Sul secondo numero di tale rivista, il n. 3/1922, Vladimir Lenin pubblicò l’articolo Sul significato del materialismo militante (O značenii voinstvujuščego materializma), in cui definì il ruolo e il programma per lo sviluppo della filosofia marxista nell'era moderna e considerò il lavoro teorico del partito come parte integrante del piano di edificazione socialista. Questo scritto costituiva la continuazione e l'ulteriore sviluppo di opere di Lenin come Materialismo ed empiriocriticismo e Quaderni filosofici, e divenne, in sostanza, il suo testamento filosofico.
Monumento dedicato ai bambini deportati di fronte al Museo dell’Olocausto macedone, Skopje (Meridiano 13/Nicola Zordan).
Fonte della foto: https://www.meridiano13.it/wp-content/uploads/2024/02/museo-Olocausto-macedone-Skopje.jpeg
Mentre il 10 marzo a Sofia si celebra la “Giornata del salvataggio degli ebrei bulgari”, l’11 marzo a Skopje si ricorda l’Olocausto macedone.
La questione degli ebrei bulgari e macedoni attraverso le visite al Museo Nazionale di Storia della Bulgaria a Sofia e al Museo dell’Olocausto macedone a Skopje: due narrazioni e interpretazioni degli eventi della Seconda guerra mondiale diametralmente opposte e confliggenti, con ricadute tutte attuali sulle relazioni diplomatiche tra i due stati confinanti.
Il giovane Lukács.
Fonte della foto: https://lisandromoura.wordpress.com/wp-content/uploads/2011/02/lukacs6.jpg
di Lelio La Porta
Una breve ricostruzione del percorso politico del filosofo marxista ungherese.
Inoltre, presentiamo un breve scritto del 1919 in cui il Commissario del Popolo all’Istruzione pubblica György Lukács affermava il valore dell’arte e della letteratura universalmente riconosciuti senza cedimenti di fronte al dilettantismo della letteratura proletaria e di partito.
Michał Kalecki (1899-1970).
Fonte della foto: https://www.xn--lamaana-7za.uy/opinion/michal-kalecki-el-desempleo-y-la-doctrina-de-las-finanzas-sanas/
di Sergio Zangirolami
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Formato al pensiero di Marx, anche attraverso Turgan-Baranovskij e Rosa Luxemburg, ne deriverà la continua attenzione per la divisione della società in classi e per il problema della domanda (il problema della realizzazione del plusvalore).
Dal sito «sinistrainrete.info»
Quinn Slobodian
(Einaudi, 2023)
recensione di Pierluigi Fagan
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«In che direzione si muove oggi il capitalismo? Verso la frammentazione. Non più pochi Stati-nazione ma tanti piccoli territori, senza tassazione progressiva, senza welfare, senza regole: senza democrazia.
Basta uno sguardo alle mappe del mondo degli ultimi decenni. È dagli anni Novanta che la globalizzazione ha mandato in frantumi la geografia degli Stati-nazione creandone altri e immensamente più piccoli: paradisi fiscali, porti franchi, città-Stato, enclaves blindate e zone economiche a statuto speciale. Queste nuove zone sono esonerate dalle tasse e dalle regolamentazioni dei comuni mortali. E grazie a queste zone gli ultracapitalisti credono che sia finalmente possibile ciò che sembrava impensabile fino a qualche decennio fa: sfuggire ai vincoli e alle restrizioni dei governi democratici. Lo storico Quinn Slobodian si mette simbolicamente alle calcagna dei più noti e radicali neoliberali – da Milton Friedman a Peter Thiel – in giro per il mondo cercando la residenza perfetta per le loro fantasie da mercato libero. La caccia porta dalla Hong Kong degli anni Settanta al Sudafrica degli ultimi giorni dell’apartheid, dalle neoconfederazioni al modello medievale della città di Londra. Per arrivare infine alle zone di guerra e agli oceani, tracciando la disperata e instancabile rotta per un territorio vergine dove poter liberare il capitalismo dalla morsa della democrazia» (dalla quarta di copertina del volume).
Pietro Secchia (1903-1973).
Comunisti scomodi
di Angiolo Gracci (“Gracco”)
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Pietro Secchia (1903-1973) fu un grande organizzatore della Resistenza e dirigente di spicco del Partito Comunista Italiano, di cui fu vicesegretario generale e responsabile del settore Organizzazione e Propaganda. Negli anni Cinquanta egli venne emarginato dai vertici del partito per le sue posizioni considerate estremiste: non aveva mai voluto rinunciare all’idea dell’insurrezione armata e fu accusato di aver costituito una struttura clandestina di ex partigiani dotati di armi non riconsegnate dopo la Liberazione.
Negli anni Sessanta, nel pieno della contestazione studentesca, presero contatto con lui esponenti dei movimenti della sinistra extra-parlamentare per cercare di coinvolgerlo nella fondazione di un rinato partito comunista su basi marxiste-leniniste. Il comandante partigiano fiorentino “Gracco” fu incaricato di sondare la disponibilità del dirigente del Pci a imbarcarsi nell’avventura della fondazione del Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista). Qui il ricordo di quell’incontro.
Matteo Cavalleri e Francesco Cerrato (a cura di)
La battaglia delle idee
Il Partito comunista italiano e la filosofia nel secondo dopoguerra
(Luca Sossella Editore, 2024)
Il rapporto tra il Partito comunista italiano e la filosofia fu tutt'altro che formale o superficiale. La cultura politica del Partito, dei suoi quadri dirigenti e delle sue e suoi militanti, si nutrì spesso di letture e riflessioni filosofiche. Molte filosofe e filosofi italiani furono "intellettuali organici", altre e altri con il Partito dialogarono, talvolta polemizzarono. Il Pci non si limitò a osservare, ma intervenne attivamente nel dibattito filosofico: pubblicando saggi e recensioni sui propri organi di stampa, organizzando convegni e promuovendo dibattiti.
Quali erano le ragioni di questa vicinanza? Chi furono le protagoniste e i protagonisti di questo confronto? Il libro esplora la logica, le questioni teoriche e la storia di un rapporto intenso e necessario, complesso e non privo di attriti, sempre incentrato sul tema della pensabilità e praticabilità della trasformazione storica. (Dalla quarta di copertina del volume).
Lelio La Porta e Guido Liguori (a cura di)
I Marx del Pci
Protagonisti, stagioni, scuole
(Bordeaux, 2025)
Attraverso una molteplicità di voci e contributi, questo libro ricostruisce le diverse letture di Marx che nutrirono la cultura dei comunisti italiani, un patrimonio ideale da riscoprire e studiare ancora. I capitoli che compongono il volume sono dedicati ad Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Galvano della Volpe (e i dellavolpiani), Lucio Colletti, Cesare Luporini, Valentino Gerratana, Mario Alighiero Manacorda, Antonio Banfi, Nicola Badaloni, Ludovico Geymonat, Biagio De Giovanni, Franco Cassano e Giuseppe Vacca. A cura di Lelio La Porta e Guido Liguori. (Dalla quarta di copertina del volume).
Dossier Quando la Cina pareva vicina
Il Sessantotto e la genesi del maoismo italiano
di Ferdinando Dubla
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Una ricostruzione storica della nascita in Italia di un’importante corrente del comunismo e del movimento studentesco italiano.
Un fotogramma dal film Kühle Wampe, realizzato nel 1932 su sceneggiatura di Bertolt Brecht.
Fonte della foto: https://flipscreened.com/2020/03/05/world-book-day-seven-things-we-love-about-brecht/
Dal «Calendario del popolo»
di Tino Ranieri
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Riprendiamo da una storica rivista culturale un approfondimento sul rapporto di Bertolt Brecht con il cinema, sulle sue esperienze (rare e non del tutto felici) in questa arte, sull’influenza delle sue opere, delle sue tematiche, del suo stile su una serie di registi americani ed europei.
Riprendiamo da una storica rivista culturale un approfondimento sul rapporto di Bertolt Brecht con il cinema. In questo secondo articolo una breve rassegna dei più importanti film tratti dalle opere teatrali di Bertolt Brecht.
Un fotogramma dal film L’opera da tre soldi di Wolfgang Staudte (Francia-RFT, 1963).
Fonte della foto: https://www.saarbruecker-zeitung.de/imgs/03/4/5/9/1/6/2/9/5/tok_60d7b5698911f547e987a1c1db5ba97a/w1500_h1053_x750_y526_MOPOper-3a8d2858f9d1cdc7.jpg
In attesa di una sua edizione italiana, riprendiamo dal sito pungolorosso.com la presentazione di un volume uscito negli Stati Uniti (F. Jerome, Einstein on Israel and Zionism, Baraka Books) che ricostruisce attraverso documenti a lungo volutamente lasciati in ombra il pensiero di Albert Einstein sulla creazione dello Stato di Israele in Palestina. Emerge in questo modo il punto di vista del grande scienziato che contraddice la propaganda sionista.
Enrico Berlinguer e Aldo Tortorella.
Fonte della foto: https://www.libereta.it/un-nuovo-mondo-lultima-intervista-di-libereta-a-aldo-tortorella/
di Luciana Castellina
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Scompare all’età di 98 anni Aldo Tortorella, partigiano col nome di battaglia “Alessio”, intellettuale, l’ultimo grande dirigente del PCI. La rivista da lui diretta fino all’ultimo, «Critica marxista», resta per il nostro sito un punto di riferimento imprescindibile.
Riportiamo il ricordo di Luciana Castellina e gli rendiamo omaggio riprendendo il suo discorso di presentazione della Mozione 2 al XIX Congresso del PCI in cui contestava il progetto di Achille Occhetto e della maggioranza di aprire la fase di trasformazione del Partito Comunista in un soggetto politico che rinunciava alla critica sostanziale della società capitalistica.
Alla fine del suo intervento dalla tribuna del congresso di Bologna, Aldo Tortorella ebbe un malore, probabilmente legato alla forte emozione per la tragicità dell’evento che dava inizio allo scioglimento del partito.
A Gaza è genocidio
Ma l’Occidente nega
Ma l’Occidente nega
Il rientro dei palestinesi sfollati nella parte nord della Striscia di Gaza (19 gennaio 2025).
Autore della foto: Omar al-Qattaa / AFP tramite Getty Images.
Fonte della foto: https://www.invictapalestina.org/archives/54320
Il vero responsabile dei disastri del mondo, secondo Chris Hedges, è l’Occidente dominatore del mondo.
«Dominiamo il mondo non per le nostre virtù superiori, ma perché siamo gli assassini più efficienti del pianeta. I milioni di vittime dei progetti imperiali razzisti in Paesi come il Messico, la Cina, l’India, il Congo, il Kenya e il Vietnam sono sordi alle fatue affermazioni degli ebrei secondo cui il loro vittimismo è unico. Lo stesso vale per i neri, i nativi americani e la comunità di origine. Anche loro hanno subito olocausti, ma questi olocausti rimangono minimizzati o non riconosciuti dai loro autori occidentali».
Lo studioso Raz Segal racconta la strana esperienza di essere stato attaccato come antisemita, nonostante fosse lui stesso ebreo e studiasse l’Olocausto e altri genocidi, per l’alto crimine di opporsi al massacro compiuto da Israele a Gaza.
Dal quotidiano «il manifesto»
Jean-Paul Sartre
Colonialismo, neocolonialismo e post-colonialismo
(Marinotti Editore, 2024)
recensione di Gennaro Ascione
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«La presente raccolta propone per la prima volta in Italia di una serie di scritti di Jean-Paul Sartre su colonialismo, migrazioni, schiavitù e razzismo. Si tratta di contributi che, pubblicati dal grande filosofo francese nel pieno della lotta anticoloniale tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno influenzato diverse generazioni di intellettuali, militanti e politici in tutto il mondo, ma che di recente sono stati riletti e rivalorizzati secondo diverse prospettive teoriche internazionali emergenti – come gli studi postcoloniali, la critica decoloniale e anche i black studies americani – che così hanno gettato nuova luce sia sul suo sistema filosofico e politico complessivo, sia sul suo rapporto con le altre tradizioni di pensiero non europee. Gli scritti anticoloniali e antirazzisti di Sartre risultano infatti ancora sorprendentemente attuali e possono offrire sia nuove chiavi di lettura della storia odierna, sia nuove risposte ai conflitti di questo drammatico presente» (dalla quarta di copertina del volume).
Testi e contesti
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Questa lettera fu scritta da Antonio Gramsci (e firmata L’ufficio politico del PCI) nei locali della rappresentanza sovietica a Roma e spedita a Mosca, precisamente a Palmiro Togliatti, che rappresentava il partito italiano nell’Esecutivo dell’Internazionale comunista. La lettera fu stilata in vista della XV Conferenza del Partito comunista dell’URSS, nel periodo più critico della discussione tra la maggioranza del PCUS (guidata da Stalin e Bucharin) e le opposizioni (dirette da Zinov'ev, Kamenev e Trockij) sui grandi temi del «socialismo in un solo paese», della politica verso i contadini, della situazione politica internazionale.
Arrivata a Mosca, la lettera fu fatta conoscere ad alcuni dirigenti dell’Internazionale, ma Togliatti si rifiutò di consegnarla al CC del Partito sovietico; egli rispose a Gramsci il 18 ottobre 1926 in cui criticava l’impostazione della sua lettera perché, a suo avviso, non vi si esprimeva abbastanza nettamente quella che Togliatti considerava ormai come la questione essenziale, «l’accordo con la linea politica del partito bolscevico e la condanna delle posizioni errate del gruppo di opposizione».
Gramsci a sua volta replicò il 26 ottobre non accettando le obiezioni di Togliatti.
Riportiamo tutte e tre le lettere, che segnano un momento fondamentale – e drammatico – nella storia del comunismo italiano.
Riprendiamo anche la ricostruzione che della vicenda fa lo storico Angelo d’Orsi nella sua preziosa biografia su Gramsci (Angelo d’Orsi, Gramsci. La biografia, Feltrinelli, Milano, 2024).
Dal settimanale «la Lettura»
Intervista a Anthony Cartwright a cura di Angelo Ferracuti
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Nel romanzo “working class” Come ho ucciso Margaret Thatcher (traduzione di Alberto Prunetti, Alegre, Roma, 2024) di Anthony Cartwright parlano un bambino di 9 anni e un adulto che sono la stessa persona a distanza di decenni. In modi diversi giungono alle stesse conclusioni sui guasti causati dalla Lady di Ferro nel tessuto sociale britannico.
Dal sito «fanpage.it»
Intervista a Luigi De Magistris a cura di Antonio Musella
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Nel suo nuovo libro Poteri occulti (Fazi Editore, Roma, 2024) Luigi De Magistris ripercorre mezzo secolo di storia del nostro paese: dalla strage di Portella della Ginestra fino al traffico di dati dei giorni nostri, passando per la P2, le stragi del ’92 e del ’93, e chiaramente l’inchiesta “Why Not” che lo ha visto direttamente protagonista.
Un viaggio nei buchi neri della storia italiana, analizzando come i poteri occulti abbiano forgiato intere stagioni politiche nel nostro paese, arrivando progressivamente ad una mimetizzazione e ad una saldatura con gli apparati dello Stato. Uno sguardo sulla storia recente, ma anche degli elementi importanti per capire il presente, visto che l’ex Sindaco di Napoli, in questa intervista a Fanpage.it, parla anche di come lo “spirito piduista” sia sopravvissuto negli anni trovando analogie con i programmi politici del governo di Giorgia Meloni.
Luigi Lapparelli
(Nuove Edizioni Operaie, Roma, 1981)
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Dalle nascenti organizzazioni alla Prima Internazionale, dal costituirsi dei partiti nazionali operai alla Seconda Internazionale e alla Rivoluzione russa, fino agli sviluppi successivi, la coscienza delle contraddizioni di classe e la capacità di aggregazione e di lotta appaiono continuamente minacciate sia dal padronato e dai governi borghesi, sia dalle lacerazioni interne e dalle deviazioni.
Presentiamo questo compendio storico (Luigi Lapparelli, Breve storia del movimento operaio, Roma, Nuove Edizioni Operaie, 1981) per stimolare una ricerca sul tema che non si è ancora sviluppata in modo completo e organico, ma anche per ispirare una nuova stagione di lotte e di iniziativa del movimento di classe, ridotto oggi a una condizione di subalternità e di impotenza di fronte alle grandi sfide imposte dal capitalismo.
Dal settimanale «Rinascita», n. 10/1965
di don Lorenzo Milani
Un testo fondamentale, di una forza incredibile
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«Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto».
«Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il bombardamento dei civili, una azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l’esecuzione sommaria dei partigiani, l’uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, la esecuzione d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l’ordine d’un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?».
di Anselmo Pagani
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La Lettera ai cappellani militari toscani comparve il 6 marzo 1965 sul settimanale teorico-culturale del Partito Comunista Italiano «Rinascita». Vicedirettore responsabile del giornale era Luca Pavolini, comunista e cattolico, amico d’infanzia di don Lorenzo Milani. La pubblicazione del testo integrale, con la difesa del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, costò ai due un processo presso il Tribunale militare.
🔴 recensione di Stefano Gallerini 🔴
Riflessioni sul volume di Kohei Saito Il capitale nell’Antropocene (Einaudi, Torino 2024).
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Dalla quarta di copertina del volume:
«Il capitalismo non ci guiderà fuori dalla crisi. Qualsiasi ricetta economica basata su una crescita continua porta alla distruzione del pianeta. L’unica possibilità è tirare il freno. E Marx, al riguardo, ha qualcosa da insegnarci. Il manifesto politico-economico con cui tutte le sinistre del mondo devono confrontarsi. In un periodo di ecoansia, in cui fenomeni sempre più estremi ci costringono a fare i conti con l’abitabilità di alcune parti del globo e con la sostenibilità del nostro modo di vivere, Saito irrompe nel dibattito con proposte coraggiose, radicali e meditate. Il tecno-utopismo, il Green New Deal, l’ecologismo di facciata delle aziende non sono una soluzione. E i piccoli gesti quotidiani dei singoli non sono sufficienti. Se non accettiamo l’idea che le risorse sono limitate e non affrontiamo il problema delle disuguaglianze, siamo destinati alla rovina. Dobbiamo tornare all’essenziale, alle cose concrete, alla comunità. Riscoprire, insomma, quella che Marx definiva “la relazione metabolica tra uomo e natura”».
Dopo decenni in cui il dibattito pubblico e la ricerca sociologica in Italia e a livello internazionale è stato permeato dalla famosa frase di Margaret Thatcher che la società non esiste mentre “ci sono singoli uomini e donne e ci sono famiglie”, si torna a ragionare sul concetto e sul ruolo delle classi sociali nella strutturazione delle società contemporanee. Pier Giorgio Ardeni, professore di Economia politica e dello sviluppo all’Università di Bologna, ha scritto un libro importante (Le classi sociali in Italia oggi, Laterza, Roma-Bari 2024) che fa il punto su ricerche e dibattito nazionale e internazionale sulla composizione sociale con l’approccio dell’economia politica, una disciplina che a partire dai suoi fondatori (Smith, Ricardo e Marx) ha sempre studiato la relazione tra economia e società, indagando in modo particolare il tipo di ordine sociale che storicamente emerge e si struttura di fatto in relazione al mutare dell’economia capitalistica.
I giornali di Lenin/2
120 anni fa, il 4 gennaio 1905, veniva pubblicato a Ginevra il primo numero del settimanale bolscevico «Vperëd» («Avanti»).
In memoria di Mario Cingoli
Apprendiamo la triste notizia della scomparsa del professor Mario Cingoli, già ordinario di Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Milano–Bicocca; si è occupato di Hegel, delle scuole hegeliane, di Marx, di Engels e dei possibili rapporti tra marxismo, tradizione empiristica e tradizione materialistica. È stato tra i fondatori della rivista «Quaderni materialisti». Tra i suoi lavori Il primo Marx (2001); Il giovane Marx (2005); I tre libri del Capitale (2018).
Rendiamo omaggio allo studioso riprendendo una sua introduzione al metodo scientifico di Marx e tre lettere da uno scambio epistolare tra lui e Sebastiano Timpanaro.
Mario Cingoli (1943-2025).
Fonte della foto: https://www.mosaico-cem.it/comunita/necrologi/addio-a-mario-cingoli-filosofo-e-maestro/
Fonte dell’immagine: https://www.eunews.it/wp-content/uploads/2017/05/marx.jpg
Dalla rivista «Quaderni materialisti»
di Mario Cingoli
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Il professor Mario Cingoli, recentemente scomparso, ha indagato per tutta la vita gli scritti di Karl Marx e Friedrich Engels. La sua opera di interpretazione e divulgazione del pensiero marxiano è stata estremamente preziosa: anche nel brano che qui presentiamo egli, con un linguaggio chiaro, spiega i passaggi dell’evoluzione del filosofo tedesco e indica le categorie fondamentali del suo pensiero, basato su un approccio scientifico, per la trasformazione della realtà.
5 dicembre 1973: Enrico Berlinguer tiene un comizio di fronte agli operai dell’azienda chimica Leuna-Werke, in Sassonia-Anhalt, Repubblica Democratica Tedesca.
Dalla rivista «StoricaMENTE» dell’Università di Bologna
di Giulia De Carlini
Recensione del volume: Costanza Calabretta, Marialuisa Lucia Sergio (a cura di), Italia – DDR. Nuove prospettive di ricerca, Roma, Istituto italiano di studi germanici, 2023, 184 pp.
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Un volume collettaneo indaga i rapporti culturali e politici tra Italia e Repubblica Democratica Tedesca, in particolare nel trentennio tra gli anni Cinquanta e Settanta. Rapporti che furono patrocinati ovviamente dal Partito Comunista Italiano attraverso varie forme, dalla fondazione del Centro Thomas Mann alla promozione di gemellaggi istituzionali tra comuni “rossi” e amministrazioni locali della DDR.
Valerio Strinati (1954-2024).
Fonte della foto: https://www.storialavoro.it/fileadmin/files/1._NOTIZIE_Bandi_Convegni_Letture/1.2_NOTIZIE_Locandine_e_PDF/Valerio_Strinati.png
Le barricate e il Palazzo. Pietro Nenni e il socialismo italiano nel dialogo con Gianni Bosio, uscito nel 2023 per la collana “Storia orale” della Editpress, è il titolo dell’ultimo lavoro di Valerio Strinati che riassume bene un percorso, quello di Pietro Nenni (1891-1980), dirigente e segretario del Partito socialista italiano. È anche una sorta di riassunto degli interessi di Valerio, scomparso purtroppo di recente, una figura di studioso e compagno che lascia un vuoto davvero difficilmente colmabile e che vorrei ricordare per la generosità e l’altruismo con cui si è speso per promuovere gli studi sul movimento socialista italiano.
Pietro Nenni (1891-1980) nel periodo tra il 1911 e il 1914.
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/e/eb/NENNI_giovane.jpg
Jurij Valentinovič Trifonov (1925-1981).
Fonte della foto: https://vk.com/@the.sherb-puteshestvie-1969-u-trifonova
Questo breve racconto di Jurij Valentinovič Trifonov (1925-1981) è del 1969. Di esso colpisce subito l’incipit:
«Un giorno d’aprile capii all’improvviso che una sola cosa avrebbe potuto salvarmi: un viaggio. Bisognava partire. Non importa per dove, non importa come, in aereo, in nave, a cavallo, in camion, ma partire immediatamente. Il perché stavo così male fa parte di un’altra storia, lunga da raccontare e anche inutile. Semplicemente d’un tratto, all’alba, mentre ero tormentato dall’insonnia e da un affanno al petto […] mi parve di soffocare, mi parve che al cervello non affluisse più sangue e che se non fossi fuggito domani stesso da questa gabbia di stucco, di carta da parati a disegni astratti, di ripiani per libri di legno lucido, di copertine, di frittelle di ricotta, di tè leggero, di giornali, di telefonate, di ricevute, di malattie, di offese, di speranze, di stanchezza, di volti cari, sarei morto».
Al lettore scoprire il resto.
Un articolo da «Rinascita» del 1979
recensione di Ottavio Cecchi
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Un’altra vita è un romanzo dello scrittore sovietico Jurij Trifonov, la cui opera più famosa è senza dubbio La casa sul lungofiume. Ne presentiamo l’autorevole recensione del critico Ottavio Cecchi comparsa sul n. 1/1979 della rivista culturale del PCI «Rinascita».
«In questo libro si consuma il dramma della quotidianità, che ancor prima di essere posta a confronto e in contraddizione con il mito dei miti del nostro tempo, la rivoluzione come eccezione conclusiva, dev’essere riconsiderata mediante i risultati di una analisi che la scomponga e la ricomponga come un complesso, un sistema, un mito, anch’esso, contraddittorio. C’è la quotidianità dei burocrati: un’imbecillità quieta, ma vogliosa e cattiva».
John Bellamy Foster torna alle pietre miliari del pensiero marxista antimperialista – presenti nelle opere di V.I. Lenin, Samir Amin e altri – per affrontare la crescente negazione dell’imperialismo da parte della sinistra. Questa visione del mondo e le sue conseguenze, scrive Foster, ha implicazioni preoccupanti non solo per i lavoratori supersfruttati delle periferie, ma per tutti i lavoratori del mondo e per il carattere internazionalista del marxismo contemporaneo.
I giornali di Lenin/1
Il 24 dicembre 1900 fu pubblicato il primo numero del giornale illegale marxista russo «Iskra» («La scintilla»), fondato da V.I. Lenin.
Galvano della Volpe (1895-1968).
Cesare Luporini (1909-1993).
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d1/Cesare_Luporini.jpg
Dalla rivista «Critica marxista»
di Stefano Petrucciani
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La discussione che nel 1962 si sviluppa sulle colonne di «Rinascita» nasce anche dalla diffusa percezione della inadeguatezza di un pensiero marxista troppo legato alla tradizione nazionale. Protagonisti: Cesare Luporini, Galvano Della Volpe, Lucio Colletti e altri.
I motivi di fondo delle due «inconciliabili» letture di Marx a confronto. La dialettica, la realtà oggettiva delle contraddizioni e il rapporto Hegel-Marx. Il «metodo» di Marx e il circolo concreto-astratto-concreto.
Edoardo Lombardi
(Milano, Unicopli, 2022)
Introduzione di Edoardo Lombardi
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«Provata dall’esperienza del secondo conflitto mondiale e con un passato difficile da elaborare, la Germania entrava nel 1945 in uno dei periodi più complessi della sua storia, divisa e occupata dalle potenze alleate vincitrici. In questo nuovo contesto, i comunisti tedesco-orientali riconobbero immediatamente nella storia uno strumento per legittimare il proprio ruolo di guida delle masse. Una consapevolezza che, con la nascita della Repubblica Democratica Tedesca nel 1949, portò la SED (ovvero il Partito socialista unificato di Germania, che per quarant’anni fu la compagine politica dominante nella Germania Est) a trasformare la storia in uno strumento istituzionale. Essa divenne infatti la base fondante per legittimare l’esistenza del “primo Stato socialista sul suolo tedesco”, riplasmando e in certi casi reinventando il passato. Erano i primi passi di uno Stato senza Nazione, il cui tentativo di appropriazione della storia andò realizzandosi in modo molto graduale e non senza difficoltà, come questo libro racconta, seguendone dettagliatamente gli sviluppi» (dalla quarta di copertina del volume).
Dal periodico «Sinistra Sindacale»
Fabrizio Bertini, Maurizio Da Re, Giorgio Ferrari, Vincenzo Miliucci, Giorgio Nebbia
(con contributi di Paolo Mencarelli, Gian Marco Martignoni, Antonio Schina; prefazione di Stefano Galieni)
(Centro di Documentazione Pistoia Editrice, 2024)
recensione di Marco De Palma
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«Dario Paccino è stato partigiano, giornalista, divulgatore scientifico, militante del movimento antinucleare e del movimento del ’77, e soprattutto uno dei primi e più efficaci ecologisti italiani. Ha partecipato alla Resistenza italiana, con il nome di battaglia Santi. Ha fondato insieme a Valerio Giacomini la prima associazione naturalistica in difesa della natura, Pro Natura, e la rivista «Natura e Società». Dal febbraio 1979 al giugno 1986 è stato direttore responsabile del periodico «Rosso vivo», rivista di critica marxista all’ecologia dominante.
Nel 1972 pubblicò il suo libro più famoso, L’imbroglio ecologico, diventato un classico dell’ecologia politica in Italia (ripubblicato nel 2021), in cui denuncia il contenuto ideologico dell’ecologia, che il rispetto dell’uomo e della natura è strutturalmente incompatibile con il modello di sviluppo capitalistico e che l’ecologia pensata e tradotta politicamente, senza tener presenti i rapporti sociali di produzione e di forza, rappresentava un imbroglio. […]» (dalla quarta di copertina).
Dal volume dedicato a Dario Paccino
di Paolo Mencarelli
1956. Dario Paccino e il primo testo scritto in Italia sulla storia dei nativi del Nord America. Il successo dell’operazione editoriale e le polemiche a sinistra che ne seguirono.
Nikolaj Bucharin (1888-1938) tra Iosif Stalin (1878-1953) e Sergo Ordžonikidze (1886-1937) sulla tribuna del Mausoleo di Lenin (fine anni ’20 del XX sec.).
Fonte della foto: https://dzen.ru/a/YwZ7Pu9xc2_Vjm58
Questioni del socialismo
di Alessandro Valentini
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Si possono anche non condividere tutte le affermazioni contenute in questa riflessione di Alessandro Valentini, ma egli ha l’indubbio merito di riproporre alla nostra attenzione una figura che nel dibattito tra marxisti è stata spesso dimenticata o messa ai margini: Nikolaj Bucharin. La tendenza, da più parti, a sottovalutare il contributo di questo pensatore ed economista non ha certo giovato alla ricchezza del confronto teorico nell’ambito del marxismo. È invece il caso di riprendere lo studio delle sue opere e del suo pensiero.
Aleksandr Blok (1880-1921).
Fonte dell’immagine: https://embassylife.ru/2022/11/28/10476/#prettyPhoto
Aleksandr Blok (1880-1921) fu uno dei più grandi poeti simbolisti russi, rappresentante supremo di quell’“età d’argento” della poesia russa che fu caratterizzata da atmosfere di sogno ed evocative, sfuggenti ad una realtà materiale che non poteva essere accettata per come era. Un movimento poetico di stampo idealista e decadente, ma a suo modo precursore delle avanguardie letterarie rivoluzionarie.
Blok accolse gli eventi di ottobre 1917 con grande entusiasmo e speranza, invitando nel suo articolo L’intelligencija e la rivoluzione ad ascoltare la rivoluzione «con tutto il cuore, con tutto il corpo», ad accettare prontamente i cambiamenti contribuendo alla realizzazione di un grande compito.
Nel 1918 egli compose il celebre poema I dodici, l’apogeo dei suoi sentimenti rivoluzionari. Dodici guardie rosse diventano simbolo di un rapido movimento in avanti. La Russia sembra una tempesta. Sì, la rivoluzione è spietata, sì, distrugge tutto sul suo cammino. Ma questo è l’unico modo per distruggere il mondo passato e aprire la strada a uno nuovo.
A chiudere il poema è l’immagine del Salvatore, che guida le dodici guardie rosse come se fossero apostoli del mondo nuovo, nel cui nome si compiranno grandi cose.
Sull’accoglienza del poema si divisero i critici letterari e gli altri poeti. Alcuni ne furono entusiasti, altri lo respinsero. Anche poeti un tempo vicini a Blok come Z. Gippius, D. Merežkovskij, S. Solov’ëv si espressero negativamente. L’intelligencija antibolscevica decretò un boicottaggio di Blok dopo la pubblicazione di questo suo poema.
Presentiamo l’originale russo e ben due traduzioni in italiano. Tradurre poesia non è facile, ovviamente. Io, per esempio, generico traduttore dal russo, non mi cimento con la poesia, essendo del tutto assente in me una vena poetica. Spesso a tradurre poesia sono dei poeti: talvolta le traduzioni sono poesie anche migliori di quelle originali, ma difficilmente si possono rendere le stesse atmosfere dell’originale. In poesia non si tratta solo di ritmi, strofe, numeri di sillabe, rime e accenti, ma la scelta di una parola può essere per il suono cupo che riporta a un’atmosfera lugubre, o per il colore acceso che riflette un animo gioioso… Sui colori, inoltre: il bianco che in una cultura rappresenta il candore e la verginità, in un’altra cultura è espressione del lutto; pensiamoci, quando leggiamo le traduzioni di poesie. Le parole sono tante cose: parole-suoni, parole-silenzi, parole-fendenti, parole-colori, parole-tormenti, parole-schiaffi, parole-sussurri, parole-macchine, parole-tuoni, parole-baci, parole-incendi…
L.C.
Vai all’originale russo Двенадцать
Lukács 1968. Un’intervista a tutto campo (e senza reticenze)
di György Lukács
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1968. Il filosofo marxista ungherese György Lukács rilascia una lunga intervista alla rivista letteraria e culturale ungherese «Kortárs» («Il Contemporaneo») in cui affronta i problemi del suo tempo ma soprattutto si interroga criticamente sul ruolo degli intellettuali marxisti nella fase storica della Guerra Fredda e della politica della coesistenza pacifica. Perché i giovani non sono attratti da noi ma dai cinesi? I guasti del “culto della personalità” e del dogmatismo staliniano, le rigidità dei sistemi dell’Est europeo socialista, gli approcci sbagliati e le analisi parziali. «Serve un ritorno a Marx e andare avanti con l’analisi marxista della situazione attuale».
Dario Salvetti, Gea Scancarello
(Fuoriscena, 2024)
presentazione di Dario Salvetti
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«Il 9 luglio 2021, i 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), fabbrica che produce semiassi per l’industria automobilistica, ricevono una email con la quale viene comunicato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività. Lavoratrici e lavoratori non restano immobili nella rassegnazione, reagiscono immediatamente, raggiungono i cancelli dell’azienda, presidiati da guardie private, e riescono a entrare. Non lo fanno per rabbia, ma per difendere un diritto e per proteggere il proprio territorio dalla delocalizzazione e dall’impoverimento. Comincia così la lotta operaia più lunga e più strutturata degli ultimi decenni. Una lotta allo stesso tempo potente e fragilissima, che va conosciuta e sostenuta perché ci riguarda tutti. La mobilitazione, da un lato, vuole opporsi a un abuso e, dall’altro, avvia un corpo a corpo con il capitale di straordinaria forza e intensità. Un corpo a corpo non isolato ma in convergenza con movimenti e lotte che attraversano tutto il Paese, seppur spesso sottotraccia. Mentre questo libro va in stampa, lavoratrici e lavoratori sono ancora lì, hanno costituito un Collettivo di fabbrica, hanno allestito un loro piano industriale credibile e hanno avviato la procedura di azionariato popolare per sostenerlo, che si è chiusa con oltre un milione di euro di sottoscrizioni. In questi ultimi anni sono stati pubblicati molti libri che hanno raccontato la crisi e le falle del modello capitalistico di produzione e sviluppo, mancava però ancora un libro sul lavoro, che raccontasse la lotta di classe nel XXI secolo. Questo libro non è solo la storia di una singola battaglia, ma un manifesto che parla a ciascuno di noi, trasversalmente al proprio mestiere. Perché il lavoro è vita. Ma questo lavoro, sfruttato, sottopagato, che ammala il corpo e la mente, in cui puoi essere licenziato in tronco con una email, non lo è più. È necessario gridarlo con consapevolezza, e farlo collettivamente» (dalla quarta di copertina).
L’instancabile passione di una grande fiorentina
Per Anna Nocentini
di Maria Beatrice di Castri
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Pacifista, comunista nel senso più nobile e profondo, e così altrettanto profondamente cristiana (“cattolica” mi sembra termine troppo confessionale e riduttivo), attenta veramente ai diritti e ai bisogni degli ultimi, Anna Nocentini è stata per me prima di tutto – prima di incontrarla alla Badia Fiesolana da Ernesto Balducci, prima di condividere insieme tante manifestazioni, tante iniziative che lei promuoveva e/o sosteneva con tanta energia e dedizione e prima di sottoscrivere con convinzione la sua candidatura per il Consiglio comunale – una delle segretarie più efficienti del dipartimento di Scienze dell'Antichità della facoltà di Lettere; le prime immagini di lei sono legate a piazza Brunelleschi, al sostegno e ai consigli che mi ha saputo dare, e non solo ovviamente a me. Era un punto di riferimento anche per la sua penetrante capacità di ascolto, e potrei citare diversi episodi in merito. E ricordo gli scambi proficui durante il movimento della “Pantera” del Novanta. Altri dicono, diranno, ricorderanno molto più e in modo molto più appropriato di me, diranno della sua coerenza, della sua testimonianza tenace nelle cause giuste, per cui si lotta anche a prescindere dal risultato. Ma io voglio ricordarla anche così, con la sua professionalità di impiegata laureata (se non sbaglio in Storia della Lingua), i riccioli allora ancora neri, la sua sigaretta, i suoi occhiali. E quell'affetto insieme trattenuto e debordante che ha saputo infondere al mondo che la circondava. Grazie di tutto, Anna. Non ti dimenticheremo.
Maria Beatrice di Castri
(Tratto dal profilo Facebook di Maria Beatrice di Castri, 20 novembre 2024).
Lenin e Bogdanov impegnati in una partita a scacchi ospiti di Gor’kij nella sua villa di Capri (1908).
Fonte della foto: https://www.chayka.org/file/2612
Dal quotidiano «il manifesto»
di Giovanna Ferrara
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Negli anni 1908-1910 Gor’kij, Lunačarskij e Bogdanov portarono avanti a Capri una scuola di partito per militanti bolscevichi, ma le tesi bogdanoviane sulla “cultura proletaria” e sulla forza del collettivo capace di “costruire Dio” richiesero il diretto intervento di Lenin, che dall’esilio parigino scese direttamente nell’isola dei faraglioni per giocare una difficile partita a scacchi.
Il volume dedicato alla “Scuola di Capri”
di Vittorio Strada
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All’impresa politico-culturale caprese portata avanti da Maksim Gor’kij, Aleksandr Bogdanov e Anatolij Lunačarskij è dedicato un volume curato dal famoso slavista Vittorio Strada (1929-2018), con saggi anche di Jutta Scherrer e Georgij Gloveli. Il saggio che presentiamo introduce il libro, incentrandosi in particolare sul “padrone di casa”, lo scrittore Maksim Gor’kij, ma dando anche un quadro generale sulla “Scuola” e sulle idee dei suoi sodali.
Non sfuggirà al lettore un marcato antisovietismo (e anticomunismo) da parte del Vittorio Strada che scrive questo saggio del 1994: egli infatti, pur “nascendo” comunista (da giovane collaborò per anni con Togliatti a «Rinascita»), si legò agli scrittori sovietici del dissenso e nel 1980 uscì dal PCI per aderire al Partito Socialista di Bettino Craxi. Alcune sue affermazioni contenute nel presente saggio sono chiaramente parziali, sono tuttora discusse dalla storiografia ma restano senza un accertato fondamento storico (per esempio, quella secondo cui Stalin avrebbe fatto uccidere Gor’kij). Nonostante ciò, il saggio nel suo complesso è interessante e porta alla luce in Italia un capitolo importante della storia del Partito Bolscevico.
L.C.
A.V. Lunačarskij e M. Gor’kij nel 1928.
Foto: TASS.
Fonte della foto: https://rodina-history.ru/2015/10/06/rodina-govorun.html
Un’eresia marxista
di Michail Romanenko
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La “costruzione di Dio” (bogostroitel’stvo) è una piattaforma ideologica della socialdemocrazia russa nata a metà del primo decennio del XX secolo. I suoi principali rappresentanti furano A.V. Lunačarskij, V. Bazarov (V.A. Rudnev), P.S. Juškevič. Ad essi si unirono M. Gor’kij (A.M. Peškov), M.N. Ljadov e altri.
Come funziona oggi il capitalismo? Chi sono i suoi protagonisti? Con quali strumenti e logiche operano? Cerchiamo delle risposte con la lettura del libro di Alessandro Volpi, I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia (Laterza, Roma-Bari 2024).
Sta emergendo una società capitalista finanziarizzata in cui pochi grandi gestori patrimoniali possiedono e controllano sempre di più i nostri sistemi e le nostre strutture fisiche più essenziali, fornendo i mezzi più basilari di funzionamento e riproduzione sociale.
Fonte della foto: canale Telegram Коммунистический мир, t.me/kom_mir
Il 2 novembre 1937 le stelle di rubino si illuminarono sulle torri del Cremlino di Mosca.
Aprile 1964. Nikita Krusciov viene insignito dell’Ordine di Lenin e gli viene attribuito il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica. È Leonid Brežnev ad appuntargli la spilla sulla giacca.
Autore della foto: Sergej Smirnov / RIA Novosti.
Fonte della foto: https://lgz.ru/article/kak-snimali-khrushchyeva/
Dal giornale «Literaturnaja gazeta»
di Evgenij Spicyn
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Il 14 ottobre 1964 Nikita Nikita Sergeevič Krusciov (Chruščëv) fu costretto alle dimissioni da entrambe le alte cariche che ricopriva in Unione Sovietica: Presidente del Consiglio dei ministri e Primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista. In questo articolo si ripercorrono le circostanze e le tappe attraverso cui si svolse la ”congiura di palazzo” che portò alla destituzione del leader sovietico che aveva avuto la forza di iniziare la destalinizzazione del paese ma che era ricaduto in certi vizi come il cumulo delle massime cariche dello Stato e del partito e un culto della propria personalità.
Sessant’anni fa in Unione Sovietica ebbe luogo un evento storico: per la prima volta il posto n. 1 del partito e dello Stato fu abbandonato da una persona vivente e relativamente sana: Nikita Sergeevič Krusciov (Chruščëv). Ma di cosa esattamente incolpavano Nikita Sergeevič i suoi compagni del Presidium del Comitato Centrale (come a quei tempi veniva chiamato il Politbjuro)?
I rapporti e i discorsi pubblicati allora non avevano risposto a questa domanda. Solo in seguito sono stati declassificati i documenti che mostrano un quadro reale e non ovattato della realtà sovietica della prima metà degli anni Sessanta.
Di leggere il rapporto principale sugli errori di Krusciov al Plenum del Comitato Centrale fu incaricato Michail Suslov, colui che in seguito sarebbe stato considerato il custode dell’ortodossia del partito. Lo fece il 15 ottobre 1964, quando tutto era già stato deciso e Krusciov si era dimesso. Due giorni prima Suslov aveva preparato un altro documento, intitolato Rapporto del Presidium del Comitato Centrale del PCUS al Plenum di ottobre del Comitato Centrale del PCUS (variante), che è sorprendentemente diverso da quello ufficiale. E qui tutti i veli furono strappati. Ne presentiamo alcuni stralci pubblicati sulla «Komsomol’skaja Pravda».
Manifesto del 1987 per celebrare i 70 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre.
Fonte dell’immagine: https://www.plakat-cccp.ru/rus_version/plakat_1/poster-ussr-revolution.html
Sotto: K. Juon, Un nuovo pianeta (1921).
Rivoluzione
di Enzo Traverso
«Esaurita da almeno tre decenni, l’esperienza comunista non ha bisogno di essere difesa, idealizzata o demonizzata: richiede invece di essere compresa criticamente come un’esperienza segnata da tensioni e contraddizioni interne, ricca di molteplici dimensioni in un vasto spettro di colori che vanno dagli slanci salvifici alla violenza totalitaria, dalla democrazia partecipativa e la deliberazione collettiva alla cieca oppressione e lo sterminio di massa, dall’immaginazione utopica più sfrenata al dominio burocratico più ottuso, passando a volte dall’una all’altro in un breve lasso di tempo».
Don Milani con la madre Alice Weiss.
Fonte della foto: https://www.vocemisena.it/don-milani-madre-alice-weiss-senigallia-origini-ebraiche-priore/
Dal quotidiano «Il Tirreno»
di Giuseppe Cecconi
Emmanuel Todd e il suo nuovo libro La sconfitta dell’Occidente (Fazi Editore).
Fonte della foto: https://www.analisidifesa.it/2024/10/la-sconfitta-delloccidente-di-emmanuel-todd/
“Stiamo entrando in un periodo in cui gli impulsi nichilisti di distruzione esistono indipendentemente dagli obiettivi razionali degli stati. Il nichilismo è il concetto corretto per comprendere la volontà degli ucraini di sottomettere i russi del Donbass. È il concetto corretto per comprendere le azioni dello Stato di Israele che non ha più obiettivi razionali”.
di Umberto Eco
Dalla sua raccolta di saggi Sulla letteratura (Bompiani), riportiamo un articolo di Umberto Eco dedicato al Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels.
Raniero Panzieri (in primo piano) con Mario Tronti, Gaspare De Caro e Toni Negri ai tempi dei «Quaderni Rossi»..
Fonte della foto: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=914422547354114&set=pb.100063591316061.-2207520000&type=3
Dal sito di «Contropiano»
di Franco Astengo
Per il sessantesimo anniversario di Raniero Panzieri, Franco Astengo traccia per «Contropiano» un ricordo di un intellettuale originale e innovatore.
Dal quotidiano «La Stampa»
Intervista di Francesca Paci
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È appena uscita per Fazi Editore una Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina, dello storico israeliano Ilan Pappé.
L’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e gli orrori che ne sono seguiti hanno sconvolto il mondo. Ma il conflitto israelo-palestinese non è iniziato quel giorno. E neppure nel 1967, quando Israele ha occupato la Cisgiordania, o nel 1948, quando è stato proclamato lo Stato ebraico. È iniziato nel 1882, quando i primi coloni sionisti sono arrivati in quella che era la Palestina ottomana. Il celebre storico israeliano – autore del bestseller internazionale La pulizia etnica della Palestina – ricostruisce qui la vicenda di due popoli che ora condividono una sola terra. Dalle origini del sionismo come movimento coloniale alla pulizia etnica del 1948, dalla resistenza palestinese all’occupazione, al fallimento della soluzione dei due Stati, fino al 7 ottobre 2023 e alle politiche genocide nella Striscia di Gaza, Pappé fa luce con chiarezza e competenza sui principali eventi, personaggi e processi storici per spiegare come mai questo sanguinoso conflitto lungo oltre un secolo sia diventato tanto insolubile.
Riprendiamo dal quotidiano «La Stampa» un’intervista allo storico sulla guerra in corso.