Materiali per una rivoluzione culturale
«Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
don Lorenzo Milani
Hugo Chavez e István Mészáros.
Fonte della foto: https://monthlyreview.org/articles/meszaros-and-chavez-the-philosopher-and-the-llanero/
Il 1° ottobre del 2017 è venuto a mancare István Mészáros, il filosofo ungherese allievo di György Lukács, autore della monumentale opera di analisi filosofica ed economica Oltre il capitale. Dal sito del Centro Studi Luciano Raimondi riportiamo il ricordo di Giorgio Riolo che ebbe l’opportunità di incontrarlo e di intrattenere con lui un intenso rapporto umano e culturale.
Il filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin (n. 1962).
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c8/2023_Aleksandr_Dugin.jpg
Dal canale Telegram «Kommunističeskij mir»
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Riprendiamo da Telegram un testo recente in cui il filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin (considerato non proprio a ragione l’ispiratore delle azioni politiche del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin) parla dell’esperienza storica dell’Unione Sovietica, del marxismo, del bolscevismo e della loro estraneità allo spirito del popolo russo.
Al filosofo, oggi direttore della Scuola Superiore di Politica “Ivan Il’in” presso l’Università Statale Russa di Studi Umanistici di Mosca, risponde il canale Telegram «Kommunističeskij mir», evidenziando debolezze e contraddizioni dell’eclettica costruzione retorica di questo apologeta del nazionalismo russo.
Cina socialista, capitalista o…? / 4 🇨🇳
Dal blog «Per un socialismo del secolo XXI»
Carlo Formenti recensisce il volume
(Fazi Editore, Roma, 2025, pp. 528, 20 euro)
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Deputato, senatore e parlamentare europeo, il sociologo Pino Arlacchi è noto, oltre che per i suoi libri, per la lunga attività pubblica e istituzionale contro la criminalità organizzata (è stato vicesegretario generale del programma antidroga e anticrimine dell’ONU). Meno conosciuti sono i suoi rapporti con il mondo politico e accademico cinese. Arlacchi presiede, fra le altre cose, il Forum internazionale di criminologia e diritto penale che ha sede a Pechino, il che gli ha consentito, da un lato, di incontrare e discutere, oltre che con i colleghi cinesi, con esponenti dei vertici del Partito Comunista e dello Stato, dall’altro lato di acquisire un ampio repertorio di conoscenze sulla storia antica e recente del grande Paese asiatico, nonché sul suo sistema politico e istituzionale e sulla società cinese contemporanea. Questo vasto materiale è la fonte da cui scaturisce La Cina spiegata all’Occidente, cinquecento pagine fitte di analisi e informazioni appena uscite per i tipi di Fazi.
Prima di riassumere quelli che considero i contributi più interessanti di quest’opera alla conoscenza della realtà cinese, premetto i miei dubbi in merito al fatto che essa possa scalfire il muro di pregiudizi, malafede e arroganza eurocentrica dietro il quale si trincera la larga maggioranza dei membri di un mondo politico, accademico e mediatico occidentale sempre più ripiegato su sé stesso. Spero almeno che riesca a suscitare la curiosità e i dubbi del lettore comune, ma soprattutto a far riflettere quegli ambienti di sinistra in cui circolano idiozie sulla Cina come Paese capitalista, imperialista, totalitario e aggressivo (paradossalmente, le destre neoliberali, mentre condividono con le sinistre gli ultimi tre stereotipi, confessano di temere la Cina in quanto esempio della superiorità del suo sistema socialista rispetto all’economia tardo capitalista, timore evidenziato dalle accuse di statalismo, concorrenza sleale, furto di know how, ecc. rivolte alle imprese cinesi).
Nella Introduzione Arlacchi spiega che le tre parti in cui si articola il libro trattano dei tre “segreti” del miracolo cinese – vale a dire delle ragioni che hanno reso possibile l’ascesa della Cina, in una manciata di decenni, da uno stato di arretratezza paragonabile a quello dell’Africa Subsahariana di allora (1949) a quello di prima potenza economica mondiale. I segreti in questione sono, nell’ordine: il non espansionismo di una civiltà sinocentrica ma al tempo stesso universalista e pacifica; un peculiare sistema politico fondato sulla meritocrazia; un sistema economico non capitalista ma con caratteri socialisti inediti (il cosiddetto socialismo di mercato o socialismo con caratteri cinesi). Nelle pagine seguenti mi atterrò a mia volta a questa tripartizione. In un post scriptum che pubblicherò fra qualche giorno, commenterò invece un esempio della incomprensione della sinistra occidentale nei confronti del fenomeno Cina.
di Arsenij Zamost’janov
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Un ritratto storico senza abbellimenti né pregiudizi. Un articolo dello storico Arsenij Zamost’janov dedicato al 150° anniversario della nascita di questa figura di spicco del potere sovietico.
Anatolij Lunačarskij (al centro), Commissario del popolo per l'Istruzione della RSFSR, a un incontro con gli studenti dei dipartimenti operai degli istituti comprensivi per adulti. 1929).
Autore della foto: RIA Novosti.
Fonte della foto: https://lgz.ru/article/anatoliy-lunacharskiy-chelovek-i-narkompros/
I 10 più recenti testi originali scritti per spaziocollettivo.org:
Letizia Lusini, La parola “GUERRA” 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Marco Bartalucci, Germania, qualcosa si muove? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Antonella Sarti, C’è un club a Wellington… il Club Garibaldi. Il motto è: “Fratellanza, Educazione, Lavoro” 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Stefano Gallerini, Marx nell’Antropocene: anacronismo o attualità? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Per Valerio Strinati 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Il comandante “Gracco”, avvocato militante 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Azzurra Falciani, Un festival in fabbrica: la convergenza passa anche dalle pagine dei libri 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Paolo Mencarelli, Recensione del volume: Benedetta Tobagi, Le stragi sono tutte un mistero 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Barbara Cipriani, Diario di una squaw, distopico, ma ci siamo quasi 🔴 >>> Vai al racconto >>>
Stefano Gallerini, Sinistra di classe o sinistra di élite? 🔴 >>> Vai all’articolo >>>
Fonte dell’immagine: https://www.articolo21.org/2024/01/pippo-fava-la-meraviglia-del-coraggio/
«A Fava dobbiamo tanto. Per il suo entusiasmo, per la sua passione civile, per il suo costante impegno contro ogni stortura e per la sua prosa, ficcante e mai banale, che ha contribuito a illuminare i tanti lati oscuri di una regione letteralmente appaltata a un potere marcio che non ha fatto altro che depredarla».
«Perché studiare oggi il pensiero di Karl Marx? La perplessità implicita nella domanda può essere rafforzata tenendo presente come oggi, per lo più, Marx sia considerato come una sorta di “cane morto”, immeritevole di qualunque attenzione. Tuttavia, anche in questo caso si può osservare, preliminarmente, ancora una volta con Italo Calvino, come Marx, come tutti i classici del pensiero, in realtà non abbia mai finito di dirci ciò che ci vuol dire».
Uno dei più grandi filosofi della scienza affronta la questione della libertà.
Appena la filosofia approfondisce il concetto di libertà i problemi si complicano. Se non abbiamo la libertà, come ottenerla? E in questa lotta, che posto spetta alle armi, alla violenza?
Geymonat esamina l’idea alle radici e ne ripercorre le ramificazioni. Fino a trovarsi di fronte alla questione delle questioni, quella del Potere.
di Sergej Kožemjakin
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Il giornale del Partito Comunista della Federazione Russa ha pubblicato un articolo del suo osservatore politico Sergej Kožemjakin dedicato all’ascesa al governo delle forze neofasciste in Europa, puntando la propria analisi soprattutto sui casi del Portogallo e dell’Italia. Il giornalista stigmatizza tra l’altro il fatto che il governo russo intrattenga stretti legami politici con tali forze di matrice fascista.
Pur risalendo al marzo 2024 (infatti si parla di Biden e non di Trump), l’articolo conserva nel suo impianto generale tutta la sua attualità.
Ivan Aleksandrovič Il’in (1883-1954).
Fonte della foto: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/02/Iljin02.jpg
Dal quotidiano «il manifesto»
di Guido Caldiron
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Lo storico statunitense Timothy Snyder analizza il ruolo del filosofo ammiratore di Mussolini. Tra le radici ideologiche del ventennio di Putin, ci sono le tesi del pensatore del fascismo russo dei primi del Novecento. Ai suoi occhi la Russia non era una realtà formata da individui e istituzioni, ma una creatura vivente e immortale, «un organismo della natura e dell’anima» che sotto la guida di un «redentore» poteva tornare ad essere grande.
Morto in esilio in Svizzera nel 1954, le sue spoglie sono state nuovamente sepolte nel 2005, questa volta a Mosca, per volere dello stesso presidente della Federazione Russa.
«Non volevo scrivere niente sulla buffonata, goffa e imbarazzante, del governo Meloni che salta al grido di “chi non salta comunista è”. Non volevo scriverne perché mi fa davvero troppa rabbia pensare ad una classe politica così squalificata, così ignorante e così becera. Ma poi non riesco a trattenermi e almeno un paio di considerazioni vorrei farle».
Mosca, 5-17 giugno 1969. La delegazione italiana alla Conferenza internazionale dei partiti comunisti e operai: i prima fila Paolo Bufalini, Enrico Berlinguer, Armando Cossutta; dietro, a sinistra, Giuseppe Boffa.
Autore della foto: Agenzia di informazioni sovietica Novosti.
Dossier La “Primavera di Praga” 🇨🇿
Dalla rivista «Studi Storici»
di Alexander Höbel
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Una delle conseguenze più evidenti dell’intervento del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia nell’agosto 1968 fu la spaccatura all’interno del movimento comunista e operaio internazionale, e in particolare tra partiti comunisti dell’Europa orientale e alcuni di quelli dell’Europa occidentale. Tra questi ultimi fu il Partito comunista italiano il più determinato a portare avanti il dissenso nei confronti dell’interventismo sovietico e della cosiddetta “dottrina Brežnev” sulla sovranità limitata dei Paesi del blocco socialista. All’interno del Pci, inoltre, Enrico Berlinguer si distinse per la fermezza con cui condusse incontri e trattative con i compagni sovietici: tale fermezza fu determinante nella sua ascesa alla segreteria del partito in sostituzione di Luigi Longo, ormai seriamente malato.
Un punto di vista particolare sul contrasto Pci-Pcus. Rossana Rossanda: «Pci e Praga, incertezza e viltà» >>> Vai all’articolo >>>
Gianfranco La Grassa (1935-2025).
Fonte della foto: https://www.legauche.net/movimento-socialista/introduzione-al-pensiero-di-gianfranco-la-grassa/
Il 25 settembre 2025 si è spento Gianfranco La Grassa, studioso del pensiero economico di Marx e interessato specialmente alle teorie della transizione dal capitalismo al socialismo. Il Collettivo Le Gauche illustra la parabola del suo pensiero sulla base del saggio monografico a lui dedicato da Piotr Zygulski Il meccanico del marxismo. Introduzione critica al pensiero di Gianfranco La Grassa (Editore Petite Plaisance, 2016).
Attraverso il libro Workers & Revolution in Iran di Assef Bayat il sito del Collettivo Le Gauche ricostruisce il ruolo del movimento operaio durante la Rivoluzione iraniana del 1979 e la sua sconfitta per mano della nascente teocrazia.
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Il 31 gennaio 1962, nella Sala dei Duecento in Palazzo Vecchio a Firenze, si tenne una conferenza tra don Lorenzo Milani e i direttori didattici delle scuole fiorentine, organizzata dall’assessora alla Pubblica Istruzione Fioretta Mazzei d’intesa con la segreteria del sindaco Giorgio La Pira.
Riportiamo alcuni stralci della registrazione del confronto tra i partecipanti, da cui emergono con chiarezza le caratteristiche della scuola tenuta da don Milani a Barbiana per i figli dei contadini e dei montanari.
Paolo Virno (1952-2025).
Fonte della foto: https://www.massenpsychologie.com/en/paolo-virno/
Dal quotidiano «il manifesto»
di Marco Bascetta
Paolo Virno, filosofo, militante di Potere Operaio, fondatore di «Metropoli» e di «Luogo Comune», collaboratore del «manifesto». Fu arrestato nell’inchiesta “7 aprile” su Autonomia Operaia: processato, ne uscì assolto.
Stefano Oliva recensisce il volume di Paolo Virno Dell’impotenza >>> Vai all’articolo >>>
Dal settimanale «Alias Domenica»
Marta Rosso recensisce il volume
Wolfgang Hilbig
IO
(Keller, 2025)
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«Nei meandri oscuri della Berlino Est, tra cantine umide, cunicoli clandestini e locali soffocanti si muove W., uno scrittore di provincia reclutato dalla Stasi per pedinare con il nome in codice “Cambert” un enigmatico autore sospettato di attività sovversive. Ma il sospettato non pubblica, non parla, sembra quasi dissolversi nell’ombra. Nel tentativo di carpirne i segreti, “Cambert” si addentra sempre più in un labirinto di rapporti nebulosi, interrogatori kafkiani e apparizioni spettrali, fino a perdere il senso stesso della propria missione e della propria scrittura. Hilbig costruisce un romanzo claustrofobico in cui il controllo si fa allucinazione, la sorveglianza si trasforma in ossessione e l’identità si disintegra in un gioco di specchi in cui l’io diventa “io”. Scritto poco dopo la caduta del Muro e ambientato negli ultimi anni della DDR, il romanzo di Hilbig colpisce per densità atmosferica, umorismo grottesco e modernità della riflessione sociopolitica che lo rendono un testo iconico, un vero e proprio classico che non aveva ancora trovato un’edizione italiana» (dalla quarta di copertina del volume).
Lavoratori in sciopero in Grecia.
Foto: La Presse.
Fonte: https://europa.today.it/economia/grecia-approva-giornata-lavorativa-13-ore.html
«Il 15 ottobre il parlamento greco ha approvato la legge, presentata dal governo di destra di Nea Dimokratia, che porta la durata dell’orario di lavoro a 13 ore giornaliere. Si tratta di un balzo all’indietro di due secoli. Infatti, durante la Rivoluzione industriale, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, la durata massima della giornata lavorativa era compresa tra le 13 e le 15 ore giornaliere».
«Nel cuore dell’Europa si sta consumando un passaggio epocale che rischia di travolgere anche la stessa narrativa mainstream sul progetto europeo. Narrativa che, dal dopoguerra ad oggi, ha sempre “venduto” il “prodotto unità europea” come l’unico capace di garantire la pace e la prosperità per chi ne faceva parte. […] Passaggio epocale rappresentato dal massiccio piano di riarmo già annunciato e ardentemente promosso da alcuni Paesi europei, nonché appunto dalla stessa Commissione. Piano che segue comunque un riarmo “fuori scala” già abbondantemente iniziato almeno dal 2022».
«Il piano non è una cosa meccanica che si crea per elucubrazione di laboratorio, una cosa semimetafisica, che poi si trasmette verso il basso. Il piano è una cosa viva, che è fondamentalmente destinata a trarre dal paese le riserve finora sopite, e a metterle al servizio della produzione. A questo scopo va destato quel grande fattore di produzione che è il popolo, ossia il popolo deve sapere che cosa vogliamo, discutere ciò che vogliamo caso per caso, presentare le sue controproposte, approvare il piano dopo averlo capito. (…) la massa non ha partecipato a questa concezione del piano, e il piano cui non partecipa la massa è un piano che corre serio pericolo di fallimento» (Ernesto Che Guevara, Il primo piano economico, in Opere, II. Le scelte di una vera rivoluzione, Feltrinelli, Milano 1968, pp. 97 e 118).
(Edizioni Punto Rosso, Milano, 2025)
Saggi di: Giovanni Carnevali, Giacomo Cucignatto, Lorenzo Esposito, Matteo Gaddi, Nadia Garbellini, Joseph Halevi, Roberto Lampa, Gianmarco Oro, Roberto Polidori
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Dopo decenni di dominio dell’ideologia del mercato autoregolato e della competitività a tutti i costi, le politiche industriali tornano a imporsi come una necessità vitale. Le crisi economiche ricorrenti, la precarizzazione del lavoro, la devastazione ambientale e le nuove tensioni geopolitiche mostrano con chiarezza che i meccanismi di mercato non garantiscono né sviluppo equilibrato né sicurezza sociale.
Questo volume mette in discussione due pilastri del pensiero economico dominante – produttività e competitività – rivelandone il carattere ideologico e il ruolo di strumenti politici al servizio del capitale. Analizza nel dettaglio le recenti iniziative della Commissione Europea, dal Piano Draghi al Clean Industrial Deal, fino ai piani per i settori strategici, evidenziandone i limiti strutturali. Allarga poi lo sguardo al quadro internazionale, dalla guerra dei dazi di Trump al confronto tra Stati Uniti e Cina, per mostrare come la dipendenza dall’esterno renda fragile l’intero tessuto produttivo europeo.
Il messaggio che emerge è netto: non si tratta di modificare le regole del gioco, ma di scegliere un gioco diverso. Pianificazione significa rimettere al centro il lavoro, l’ambiente e l’interesse collettivo, costruendo un percorso capace di sottrarre lo sviluppo economico alla logica del profitto e di restituirlo alla società.
Pubblichiamo l’Introduzione del volume.
Dal settimanale «L’Humanité Magazine»
di Aurélien Soucheyre
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Trovato assassinato il 2 novembre 1975 su una spiaggia vicino a Roma, Pier Paolo Pasolini, acclamato come artista, è stato soprattutto uno dei più grandi intellettuali del XX secolo. Poeta, regista, omosessuale e comunista, questo scandaloso ribelle, la cattiva coscienza dell'Italia, non ha mai vacillato nella sua opposizione all'ordine borghese.
Dal settimanale «Gente» (17 novembre 1975)
di Pier Paolo Pasolini
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«Poco tempo fa Pier Paolo Pasolini consegnò al giornalista inglese Peter Dragadze le risposte a una lunga serie di domande, e gli disse: “Questo è quasi un testamento spirituale-intellettuale. Se dovesse succedere qualcosa, lo tiri fuori. Credo che a qualcuno potrebbe interessare”. – Pubblichiamo il testo del documento; dalle riflessioni dello scrittore affiora un ‘autoritratto’ sincero e spietato» (dal settimanale «Gente», 17 novembre 1975).
È da qualche anno che il pensiero di Pasolini viene distorto e utilizzato anche a destra facendo passare l’intellettuale per un “uomo d’ordine”. Proprio quella destra che a suo tempo lo avversò e dileggiò in ogni modo ora lo recupera strumentalizzandone alcune frasi citate fuori contesto, a partire dalla famosa poesia Il PCI ai giovani. Wu Ming rimette ordine nelle cose e smonta molti dei miti che costruiti in questi anni. Ribadendo il concetto fondamentale: Pasolini è sempre stato un antifascista, è sempre stato contro il fascismo in tutte le sue forme.
Da «L’Espresso» del 16 giugno 1968
di Pier Paolo Pasolini
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Dopo gli scontri romani del 1° marzo 1968 tra studenti universitari e poliziotti, passati alla storia come “la battaglia di Valle Giulia”, Pasolini compose di getto una poesia che è sicuramente una delle più controverse della sua storia di intellettuale di sinistra. La proponiamo qui nella versione pubblicata dal settimanale «L’Espresso» il 16 giugno 1968. Segue dibattito…
Da «L’Espresso» del 16 giugno 1968
Marxismo e letteratura
di Alexej Kusák
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Il critico cecoslovacco Alexej Kusák nel suo intervento al convegno praghese su Franz Kafka del 1963 fa una rassegna delle interpretazioni che dell’opera dell’autore hanno dato vari critici marxisti, e contesta le analisi di molti di essi. Egli vede in definitiva in Kafka un grande interprete della realtà del suo tempo:
«Kafka è il maggior poeta dell’alienazione dell’uomo nella moderna società industriale e in questo sta il segreto della sua attualità e della sua universalità. Bisogna però spiegarlo, interpretarlo, capirlo. Fornire una chiave interpretativa in termini filosofici generali non è affatto sufficiente (su un vago giudizio filosofico si possono trovare d’accordo anche coloro che continuano a volgarizzarlo); bisogna penetrare a fondo in ognuno dei temi della sua opera, nei caratteri dei suoi personaggi e nel significato delle sue situazioni. Come marxisti non dobbiamo limitarci a studiare l’influenza che la realtà ha esercitato su di lui ma anche esaminare l’aiuto che egli ci può dare per risolvere l’enigma della realtà».
Proliferano sul web, in libreria e sulla stampa ricostruzioni fantasiose e distorte di eventi storici operate per rafforzare in Italia il nazionalismo e l’anticomunismo. Nel mirino, come sempre negli ultimi trent’anni, partigiani e comunisti, e come spesso accade si parla di eventi successi al “confine orientale”, tra Friuli-Venezia Giulia, Istria e Slovenia. Le due inchieste che presentiamo smontano i miti e ricollocano nel loro contesto storico due di questi eventi.
Un convoglio di esuli istriani dileggiato dai ferrovieri «rossi». Un episodio ambientato nel 1947, ma che non ha riscontro in nessuna fonte dell’epoca e ha preso la sua attuale forma soltanto nel XXI secolo.
Mezzo secolo fa le truppe del Fronte di liberazione nazionale entravano a Saigon. Fu la fine della guerra imperialista statunitense e il punto di partenza per l’unificazione del Vietnam.
Il quotidiano francese «l’Humanité», fondato da Jean Jaurès, ha dedicato all’importante anniversario uno speciale, da cui riprendiamo alcuni articoli.
IERI
30 aprile 1975, «la vittoria dell’intelligenza vietnamita contro la tecnologia e il denaro»
di Lina Sankari
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La liberazione di Saigon segna la fine del dominio straniero sul Vietnam durato 120 anni. Essa chiude un capitolo di trent’anni di guerre tra le più sanguinose del XX secolo prima contro la Francia colonialista e poi contro l’imperialismo degli Stati Uniti.
Il 30 aprile 2025 il Paese, avviato ormai sulla via di uno sviluppo spettacolare, ha celebrato i 50 anni di una liberazione strappata a carissimo prezzo. Il popolo vietnamita ricorda e guarda al futuro.
Dossier La “Primavera di Praga” 🇨🇿
Per il nostro dossier sulla “Primavera di Praga” del 1968 oggi pubblichiamo due DOCUMENTI di segno diametralmente opposto:
1) la versione integrale del manifesto-appello Duemila parole stilato dallo scrittore Ludvík Vaculík nel giugno 1968 per spingere in avanti il processo di riforma che sembrava sul punto di arenarsi;
2) una risoluzione del CC del Partito che nel 1970 ricostruiva i fatti recenti dal punto di vista dei vincitori del momento, cioè di coloro che avevano avversato la riforma della società socialista portata avanti da Alexander Dubček e dalla maggioranza del PCC.
Il manifesto-appello Duemila parole fu pubblicato il 27 giugno 1968 sui quotidiani «Práce», «Mladá fronta» e «Zemědělské noviny» e sul settimanale letterario «Literární listy» il giorno successivo all’entrata in vigore della legge sull’abolizione della censura.
Il manifesto riscosse un’eco mai vista prima e colse di sorpresa tutti. Sorpresi furono soprattutto proprio i comunisti riformisti, che non vi videro uno strumento in appoggio alle proprie posizioni ma una critica per la lentezza delle riforme e al tempo stesso un’arma potente data in mano a quei conservatori che non perdevano occasione per accusare la debolezza di Dubček e compagni verso posizioni che essi consideravano distruttive dell’ordinamento socialista e controrivoluzionarie.
Una provocazione benintenzionata di Jan Sedmidubský >>> Vai all’articolo >>>
DOCUMENTI – «L’insegnamento tratto dalla crisi nel partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCC»
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Negli anni 1966-67 il Partito Comunista Cecoslovacco era già spaccato in più correnti, tutte però convergenti nella critica al modus operandi del Primo segretario Antonín Novotný (che era al tempo stesso anche Presidente della Repubblica). Un’unanimità di facciata si determinò al momento dell’elezione di Alexander Dubček alla segreteria del Partito, ma il confronto non si placò, anzi, si acuì fino allo scontro culminato nell’intervento armato dei Paesi del Patto di Varsavia.
A due anni dal tragico agosto 1968 il processo di “normalizzazione” era ormai avviato sia nel Partito Comunista che nella società cecoslovacca, e i vincitori di quella guerra politica fratricida sentirono l’esigenza di scrivere la storia dal proprio punto di vista, di fissare una verità ufficiale sulle vicende degli ultimi anni. Insomma, la storia riscritta dai (temporanei) vincitori.
Scopo di un dossier come il nostro è di fornire documenti e materiali utili alla conoscenza degli eventi e alla comprensione dei punti di vista delle varie parti in causa. È per questo che riteniamo non privo di interesse pubblicare questa risoluzione approvata l’11 dicembre 1970 dal plenum del CC del PCC e intitolata «L’insegnamento tratto dalla crisi nel partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCC».
Dal sito «Volere la luna»
Diego Giachetti recensisce il volume
(Mimesis, 2024, pp. 180, 16 euro)
«Vorrei sottolineare il fatto nuovo emerso nell’ultimo mese. “La Flotilla di terra” è stata guidata da gruppi di operai, che hanno boicottato le operazioni di carico e scarico delle navi dei porti europei, ma soprattutto italiani (Marsiglia, Genova, Livorno, Ravenna, Atene). In alcuni casi come a Ravenna hanno ottenuto il supporto delle autorità civili. Con un sicuro istinto internazionalista, in cui brilla la più gloriosa tradizione del movimento operaio fin dalle origini, hanno dichiarato: “Se Israele blocca la Flotilla, non uscirà dal porto neppure un chiodo”. “Blocchiamo tutto” è diventata l’indicazione di tutte le manifestazioni popolari. Non voglio illudermi sulle prospettive, ma in quel momento il punto di vista dei portuali, degli operai, ha preso la testa dell’intero movimento per la pace».
In questo articolo scritto nel 2022 Augusto Cavadi si sofferma sulla figura di san Francesco prendendo le mosse dall’analisi del volume di Francesco Coniglione L’uomo venuto da un altro mondo. Francesco d’Assisi (Bonanno Editore, Acireale-Roma, 2022, pp. 412, 35 euro). Ne risulta un Francesco liberato dalle deformazioni agiografiche e dalle forzature che del suo messaggio le gerarchie ecclesiastiche hanno dovuto compiere per non mettere a rischio l’impalcatura di potere e potenza della Chiesa.
«Scoraggiato per la piega ‘moderata’ che stava assumendo il suo movimento, preferì cederne ad altri la direzione e trascorse, tra ingratitudini e diffidenze, gli ultimi anni di vita. Un discepolo – Tommaso da Celano – che lo conobbe personalmente, e ne scrisse due biografie, notò che già tra i frati sopravvissuti alla morte del fondatore non pochi preferiscono “riposare prima ancora di lavorare […], lavorando più con le mascelle che con le mani” e “senza faticare, si nutrono col sudore dei poveri”. È una storia nota, non solo nelle tradizioni religiose ma anche nelle esperienze politiche dell’umanità: onestà, giustizia, uguaglianza, sobrietà… sono valori affascinanti da predicare al mondo, non necessariamente da praticare in prima persona (specie se, proprio grazie alla proclamazione di quei valori, si è arrivati ai vertici del potere istituzionale)».
Giotto di Bondone, La predica agli uccelli, 1290-1295 circa, affresco. Basilica Basilica superiore di San Francesco d'Assisi.
Migliaia di sfollati palestinesi in marcia verso il nord di Gaza.
Autore della foto: ANSA.
Fonte della foto: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2025-01/gaza-300-000-sfollati-tornati-nel-nord-di-gaza.html
«Abboud Hamayel, intellettuale e teorico palestinese noto anche come Omar Abdaljawad, parla da dentro la resistenza palestinese. La sua voce non si presta a pacificazioni morali né a estetizzazioni del lutto. Con la sua elaborazione teorica, la Palestina torna a essere ciò che da decenni si tenta di neutralizzare: un nodo centrale dell’immaginazione politica globale.
L’intervista che segue nasce da una consapevolezza amara ma necessaria: troppe delle narrazioni contemporanee oscillano tra la pietà e la paura, tra l’empatia selettiva e l’autocensura. Ma la Palestina non è un’eccezione tragica da gestire con sobrietà istituzionale: è un terreno di conflitto, sì, ma anche di pensiero radicale. È il luogo in cui la parola “liberazione” conserva ancora un significato non metaforico.
Hamayel smaschera l’inconscio coloniale che struttura il linguaggio internazionale e rivendica la necessità di una resistenza epistemologica che rompa con le grammatiche dominanti. Non parla della Palestina, ma dalla Palestina. E così facendo, ci ricorda che resistere non significa solo combattere, ma anche pensare. Pensare altrimenti. Pensare contro. Pensare oltre».
Mauro Rostagno (1942-1988).
Fonte della foto: https://www.articolo21.org/2025/09/rostagno-e-quel-pensiero-vero-di-liberta/
Dal sito di «Articolo 21»
di Rino Giacalone
Mauro Rostagno, sociologo, giornalista ed ex militante di Lotta Continua, fu ucciso da Cosa Nostra il 26 settembre 1988.
Dal quotidiano «il manifesto»
di Michele Giorgio
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In questo articolo del 2021 Michele Giorgio informava della liquidazione, ad opera dell’Autorità Nazionale Palestinese, della Palestinian Airlines e dei suoi aerei vecchi di trent’anni, simbolo delle speranze decollate con gli Accordi di Oslo e infrantesi contro la realtà dell’occupazione.
L’incontro tra Fidel Castro e Malcolm X all’Hotel Theresa di Harlem nel settembre 1960.
Fonte della foto: https://www.struggle-la-lucha.org/2025/09/19/a-meeting-in-harlem-malcolm-x-fidel-castro-and-the-struggle-for-palestine/
Quando Malcolm X e Fidel Castro si incontrarono all’Hotel Theresa di Harlem nel settembre 1960, Harlem stessa fremette di fervore rivoluzionario. L’incontro avrebbe lasciato un segno indelebile non solo a New York City ma in tutto il mondo, diventando un momento di svolta che contribuì a plasmare la coscienza di generazioni di combattenti per la libertà e accelerò il ritmo della lotta per la liberazione negli Stati Uniti e nel mondo.
(Fazi Editore, 2025)
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È IN LIBRERIA La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina di Ilan Pappé
«Stiamo assistendo all’inizio della fine dello Stato di Israele». Dopo il 7 Ottobre e il genocidio a Gaza, il progetto sionista in Palestina – il tentativo secolare dell’Occidente di imporre uno Stato ebraico in un paese arabo – è destinato a una «disintegrazione inevitabile». È la tesi del celebre storico israeliano Ilan Pappé che, dopo opere considerate pietre miliari nella storiografia del conflitto israelo-palestinese, in questo nuovo volume sposta lo sguardo sul futuro di Israele e della Palestina. Diviso in tre parti, nella prima – Il collasso – Pappé esamina il fallimento del cosiddetto “processo di pace” ed evidenzia le fratture profonde che minacciano la stabilità di Israele: l’ascesa del sionismo religioso, le crescenti divisioni all’interno della società israeliana, l’allontanamento dei giovani ebrei dal sionismo, il sostegno dell’opinione pubblica mondiale alla causa palestinese, la crisi economica e la messa in discussione dell’invincibilità militare di Tel Aviv. Nella seconda parte – La strada per il futuro – l’autore delinea sette mini-rivoluzioni cognitive e politiche necessarie per costruire un avvenire migliore per tutti gli abitanti della Palestina storica: da una nuova strategia per il movimento nazionale palestinese alla giustizia transitoria e riparativa sul modello sudafricano, dal diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi alla ridefinizione dell’identità collettiva ebraica. Nella terza parte – La Palestina del dopo-Israele, anno 2048 – Pappé offre una preziosa visione di speranza e riconciliazione. Immagina un domani in cui le mini-rivoluzioni hanno avuto successo e descrive come potrebbe essere la vita in uno Stato palestinese democratico e decolonizzato, con il ritorno dei rifugiati, la coesistenza di ebrei e palestinesi come cittadini con pari diritti e la guarigione delle ferite del passato. Summa dell’analisi storico-politica di Pappé, La fine di Israele è un contributo fondamentale per comprendere l’insostenibilità del progetto sionista e la via possibile per la pace in Palestina.
«La fine di Israele è un capolavoro, una lettura imprescindibile per chiunque voglia comprendere la disintegrazione del progetto sionista e le sue conseguenze. Pappé, uno dei massimi studiosi del conflitto israelo-palestinese, è autore di libri innovativi e fondamentali. Anche questo non fa eccezione».
CHRIS HEDGES
«Quando pensi che sia già stato detto tutto, Ilan Pappé ti offre questo libro illuminante, originale e, soprattutto, pieno di speranza».
EYAL WEIZMAN
ILAN PAPPÉ è professore di Storia all’Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l’Università di Exeter. È autore di oltre una dozzina di libri tra cui il best-seller La pulizia etnica della Palestina (Fazi Editore, 2008), tradotto in quindici lingue. Fazi Editore ha inoltre pubblicato Palestina e Israele: che fare?, scritto insieme a Noam Chomsky (2015), La prigione più grande del mondo. Storia dei Territori Occupati (2022), Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina (2024) e La fine di Israele (2025).
Calogero Tramuta (1951-1996).
Fonte della foto: https://www.articolo21.org/2017/03/calogero-tramuta-e-il-sogno-delle-arance-di-sicilia-libere-dalloppressione-mafiosa/
«[…] A qualcuno il lavoro onesto di Calogero non andava proprio bene. E i diretti concorrenti dell’ex finanziere non erano tipi qualunque, erano i boss del triangolo della morte, tra Villafranca, Lucca e Burgio. Ed erano proprio loro che avevano il monopolio del commercio delle arance sul territorio. E lu maresciallo, così veniva chiamato Calogero, non solo aveva conquistato una fetta importante del mercato locale ma era anche riuscito a pagare onestamente i contadini, senza imporgli i prezzi condizionati delle mafie. Insomma, era una figura scomoda che offriva una valida alternativa all’egemonia mafiosa del territorio […]».
Siamo dentro a una nuova accumulazione primitiva, a un nuovo ciclo strategico innescato da Trump. È questo il fulcro, il significato politico del nuovo governo USA, le cui decisioni politiche, arbitrarie e unilaterali, mirano a espropriare la ricchezza di alleati e nemici. Trump sta imponendo i rapporti di potere con la forza; una volta stabilita la divisione tra chi comanda e chi obbedisce, si possono ricostruire le norme economiche e giuridiche, gli automatismi dell’economia, le istituzioni nazionali e internazionali, espressione di un nuovo «ordine». In un certo senso, Trump politicizza ciò che il neoliberalismo aveva cercato di depoliticizzare: non è più l’«oggettività» del sistema di mercato, delle leggi finanziarie a comandare, ma l’azione di un «signore» che decide in modo arbitrario le quantità di ricchezza che ha diritto di prelevare dalla produzione dei suoi «servi».
Così, oggi, il capitalismo non ha più bisogno, come un tempo, di affidare il potere ai fascismi storici, perché la democrazia è utilizzata a propri fini, fino a produrre e riprodurre guerra, guerra civile, genocidio. I nuovi fascismi sono marginali rispetto ai fascismi storici e, quando accedono al potere, si schierano immediatamente dalla parte del capitale e dello Stato, limitandosi a intensificare la legislazione autoritaria e repressiva e agendo sull’aspetto simbolico-culturale.
Un articolo importante, da discutere approfonditamente.
Le proteste a Rabat, Marocco.
Autore della foto: AP.
Fonte della foto: https://ilmanifesto.it/cdn-cgi/image/format=auto,width=1200/https://static.ilmanifesto.it/2025/10/04desk5-f01-morocco-ap.jpg
Dal quotidiano «il manifesto»
di Patrick Zaki
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“GenZ 212”. Dopo le Primavere arabe e il Rif, un movimento dallo spirito collettivo che occupa gli spazi digitali fuori controllo e le strade.
Un momento della manifestazione di Firenze del 3 ottobre 2025.
Autore della foto: Leandro Casini.
Per Gaza, per la Palestina libera, per la Flotilla!🇵🇸
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Sciopero generale di Cobas e CGIL con manifestazioni che hanno visto la partecipazione di più di 2 milioni di persone a sostegno del popolo palestinese, della popolazione martire di Gaza oggetto di genocidio da parte di Israele. La chiamata in piazza dopo gli atti di pirateria e di terrorismo di Stato in acque internazionali da parte della marina israeliana.
Il disegno sionista di pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania non è contrastato dai governi dell’Occidente, e alcuni addirittura ne sono complici, per esempio il governo italiano e quello statunitense. Allora sono i popoli a dover alzare la voce per ridare dignità internazionale ai propri Paesi.
Dal periodico «Sinistra Sindacale»
Intervista a cura di Giuseppina Manera
Intervista al deputato comunista israeliano, in Italia su invito del Prc.